Biografia

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Carlo Galfione nasce a Pinerolo (To) nel 1969.

Studia all’Accademia di Belle Arti di Torino. Qui vive e lavora come pittore e art designer.

 

PRINCIPALI MOSTRE PERSONALI

2022  LA VIE DES AUTRES, Galerie Nardone, Bruxelles, Belgio

2021  LE VITE DEGLI ALTRI, Riccardo Costantini Contemporary, Torino, a cura di Federica Maria Giallombardo

2019  SAUT TEMPOREL, Galerie Nardone, Bruxelles, Belgio

2018 CARLO GALFIONE, Cartella di incisione, Biblioteca Luisia, Vigone (TO)

2015 CARLO GALFIONE, Galerie Nardone, Bruxelles, Belgio

2014 TOP-DOWN & BOTTOM-UP, Riccardo Costantini Contemporary, Torino, a cura di Michele Bramante

2010 LISA LOVES PINSKY, Dieffe Arte ContemporaneaTorino, a cura di Monica Trigona

2010 REAL – FICTION, prima puntata, Foyer Teatro Selve, Vigone (TO), a cura di Fabio Cerato

2009 UNUSUAL PORTRAITS, NH Santo Stefano, Torino, progetto site-specific

2009 NEIGHBORS AFFAIRS vol. 1, dieffe arte contemporanea, Torino, a cura di Lorenzo Canova

2005 WALLPAPER, Gas Art Gallery, Torino, a cura di Lorena Tadorni

1998 CARLO GALFIONE, Galleria Arti Assortite, Torino

1998 EFFETTI COLLATERALI, Comune di Castel S.Pietro (Bo), a cura di Giancarlo Papi

1997 SUPERMARKET, Galleria En Plein Air, Pinerolo (To), a cura di Luisa Perlo

PRINCIPALI MOSTRE COLLETTIVE

2021 CADAVRE EXQUIS, Chiesetta della Misericordia, Venezia, a cura di Antonio Nardone

2021  LES ARTISTES S’AFFICHENT, interventi su cartellonistica pubblicitaria nella città di Bruxelles, a cura di Antonio Nardone

2020 FRAGILE BELLEZZA, mostra virtuale (www.fragilebellezza.it), a cura di Lia Lenti e Domenico M. Papa

2020 ZERO - BAM 2020, Castello del Conte Verde, Rivoli (To), a cura di Edoardo di Mauro

2019 LA PORTA NUOVA, Palazzo Paesana, Torino, a cura di Ermanno Tedeschi

2019 ART SITE FEST, Castello Reale di Govone (CN), Castello Reale di Santena (TO), a cura di Domenico M. Papa

2019 PROFILES, Riccardo Costantini Contemporary, Torino

2019 UNE CERTAINE IDÉE DU PORTRAIT, Galerie Nardone, Bruxelles, Belgio

2018 ART SITE FEST, Palazzina di Caccia di Stupinigi (TO), Casa Museo Martini, Pessione (TO), a cura di Domenico M. Papa

2018 UNFORGETTABLE CHILDHOOD, Matera, Ravenna, Tel Aviv, a cura di Ermanno Tedeschi

2017 ART FOR EXCELLENCE, Museo del Risorgimento, Torino, a cura di Riccardo Costantini

2016 L’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI, Museo Ettore Fico, Torino, a cura di Andrea Busto

2014 PREZIOSA OPERA, Villa Scalcabarozzi, Valenza (AL), a cura di Domenico Maria Papa

2013 ESSERE O NON ESSERE, Cortile Lagrange - Galleria delle Arti, Torino, a cura di Alessandro Demma

2011 RED & WHITE, Swiss Art Space, Losanna, Svizzera

2011 CARTE D’ARTE, Galleria Punto Due, Calice Ligure (SV), a cura di Armando d’Amaro

2009 COLLEZIONE ARATRO 2010, Università del Molise, Campobasso  a cura di L. Canova

2009 15 ARTISTAS CONTEMPORANEOS NO BRASIL, sedi varie, Brasile, a cura di Gian Alberto Farinella e Acib

2008 CARTEFATTI, Galleria Studio Legale, Roma

2007 BAM ON TOUR 2007, Castello del Roccolo, Busca (Cn), a cura di Edoardo di Mauro 

2006 QUERSCHNITT 2, Gas Art Gallery, Torino

2005 PUNTO E A CAPO, Castello di Rivara (TO), a cura di Edoardo di Mauro

2005 IN SEDE 2005, Assessorato alla Cultura, Torino, a cura di Francesco Poli

2004 XXXVII PREMIO VASTO 2004METAMORFOSI, Musei Civici di Palazzo d’Avalois, Vasto, a cura di Alessandro Riva

2004 BIENNALE D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DEL PIEMONTE, Verbania, a cura di Edoardo Di Mauro

2004 PREMIO PAGINE BIANCHE D’AUTORE (SEAT)

2003 STOP AND GO, Comune di Gambettola (FC), a cura di Giancarlo Papi

1999 LA VENDETTA DEI POMODORI ASSASSINIa cura di Luca Beatrice

1998 VERSUS IV, ex Lanificio Bona, Carignano (To), a cura di Vezio Tomasinelli

1998 NUOVI ARRIVI, Galleria di S. Filippo, Torino, a cura di Tiziana Conti

A proposito di Carlo Galfione, di Domenico Maria Papa, luglio 2019

Il percorso artistico di Carlo Galfione può essere letto attraverso alcune chiavi di lettura che permettono di cogliere a pieno le diverse facce di una complessa fisionomia estetica.
La prima chiave, la più evidente, è nell’adozione della pittura come linguaggio espressivo. È una scelta meditata, consapevole. La nostra epoca ci ha abituati a continue digressioni tra i media, favorendo spesso verso quelli a più forte contenuto tecnologico. Ha esaltato attraversamenti, incroci e contaminazioni, lasciando che i contenuti passassero in secondo piano. In questo quadro, il recupero della pittura, come una modalità di lavoro quasi esclusiva ha il sapore di una rivendicazione. Ma rivendicazione di che cosa? Non si tratta, nel in questo caso di un ritorno a una tradizione, con tutto il corredo di forme note, vivificate da uno guardo nostalgico e idealizzante.
Nella pittura di Galfione, l’osservatore incontra un’iconologia assolutamente contemporanea, anche quando si tratta di raffigurazioni che alludono al passato. Per un un lungo periodo, l’artista infatti, ha tratto motivi di lavoro dalla moda o dalla pubblicità, trattati però attraverso narrazioni di sapore antico. Né il ritorno è di carattere tecnico. Pur essendo la sua pittura sapiente, nel senso che si dispiega con una profonda conoscenza dei materiali, di rado l’artista lascia spazio alla mera erudizione nel fare.
Una seconda chiave di lettura è proprio nella scelta dei soggetti della figurazione, che come più volte dichiarato dall’artista, coniuga cultura alta e bassa, spesso con una buona dose di ironia.
Modelle da rivista patinata sono rappresentate come nobildonne di un’altra epoca, ma in scenografie da B-movie; paesaggi romantici trovano collocazione sulla carta da parati che serializza per le case borghesi panorami e vedute esotiche.
All’artista interessa soprattutto la decorazione e di conseguenza il movimento che da un’arte raffinata ed esclusiva approda a una visione standard e popolare. È evidente in quei lavori che ritraggono caffettiere da bric a brac, lattiere e oggetti d’uso comune, che però continuano a esprimere una qualche aspirazione alla nobiltà del manufatto.
Si incontrano così nei lavori di Carlo Galfione, composizioni floreali impiegate nella produzione industriale delle tappezzerie, oppure scenette e panorami che fecero la fortuna dell’artigianato del nord Europa, ma che moltiplicate dall’infinita riproduzione dozzinale, finiscono con il perdere ogni legame con la loro origine alta, diventando pure espressioni formali con esigue rimanenze di significato primitivo.
Qui sta una terza chiave di lettura del lavoro di Carlo Galfione, la meno evidente e, forse, la più interessante, perché chiama in causa l’osservatore e i suoi processi percettivi.
Accade infatti che una certa figurazione contenga un significativo forte, al momento della sua creazione. Le scenette campestri, le figurine da salotto alle quali si accennava o le rocaille che un tempo abbellivano i servizi delle tavole borghesi, hanno svolto un’importante funzione nella definizione del gusto di una classe che ambiva a un crescente ruolo storico. Questo almeno fino alla sua piena affermazione, quando con il Movimento moderno, l’industria si sbarazza di ogni richiamo decorativo, allineandosi ai principi dell’Existenzminimum.
Il fatto nuovo, con il quale ancora abbiamo da fare i conti, è che oggi l’ipertrofia della produzione industriale torna a proporre nuovi pervasivi apparati decorativi. Non di rado ricorre alla storia riesumando stilemi che non significano più nulla, se non la forma più esteriore di richiamo visivo. In altre parole, la decorazione accompagna prodotti seriali e non più manufatti e non serve alla creazione di un gusto, ma al massimo alla sua più superficiale soddisfazione.
Nelle composizioni floreali, vagamente art noveau, che istoriano le confezioni di un supermercato che cosa realmente vediamo? Dei fiori? Un richiamo alla Belle Époque, che nessuno può rivivere? O non piuttosto vediamo il prodotto di una strategia di marketing pensata per occidentalizzare e nobilitare, senza grande convinzione, un oggetto made in China?
La ripetizione infinita porta alla perdita del significato, come ben sa il bambino che pronuncia una stessa parola fino a svuotarla di senso, facendola diventare un mero suono.
Nella riproposizione indistinta, infatti, il contenuto si occulta, sparisce, si perde. In alcuni dei lavori più recenti di Carlo Galfione c’è, perciò, un’approfondita riflessione sulla sparizione delle forme, o come direbbe George Perec, sulla loro disparizione.
In quei lavori, l’artista riprende o crea dei vuoti che interrompono il flusso compositivo e lì opera con una narrazione che rimane, però, sempre altro, estranea, figura irriducibile allo sfondo pur cercando di mimetizzarsi in esso.
Sopratutto quando interviene su architetture esistenti (a Valenza, per Villa Scalcabarozzi, nel 2015 o al Castello di Govone, nel 2019 per Art Site Fest) Galfione lavora sui cicli decorativi dell’edificio, creando dei spazi vuoti, inserendosi nei vuoti esistenti, operando nelle fratture e nelle sconnessioni. Così facendo evidenzia mancanze, denuncia appunto le molte disparizioni, il salto temporale, o di significato e l’incertezza di una riconnessione, la definitiva impossibilità di un continuum. Infine, il destino discreto e frammentario del nostro presente. Ecco, perciò, che dalla pittura di Carlo Galfione deriva una distopia visiva che interroga l’osservatore. Gli chiede, infatti: conosci davvero le immagini che credi di riconoscere? che cosa stai guardando? Che cosa fai esattamente quando guardi?
Indurci a domandarci che cos’è per ciascuno nella sua specifica singolarità, il guardare e comprendere il mondo è proprio quello che dovrebbe fare l’arte. È quello che sicuramente fa la pittura di Carlo Galfione.